Lavorare da qualsiasi parte del mondo (o quasi)

Uno degli aspetti che maggiormente amo della mia professione è la possibilità di lavorare in qualunque parte del mondo (o quasi).

Era il 2016, quando in una calda sera primaverile ricevetti una telefonata che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Poche ore per decidere se trasferirci all’estero, rassegnare le dimissioni e rinunciare ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato che, tra alti e bassi, proseguiva serenamente da diversi anni.

Lo smart working era ancora poco conosciuto, la legge che lo istituì, Legge 22 maggio 2017, n. 81 – Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, entrava in vigore solo un anno più tardi.

Avevo già mosso i primi passi nel lavoro da remoto. Oltre al mio lavoro come dipendente, avevo instaurato alcune collaborazioni con altre realtà professionali e mi capitava spesso di lavorare da casa.

Conoscevo i principali strumenti per connettermi al PC dell’ufficio, il mio principale alleato a quel tempo era TeamViewer.

Sapevo come effettuare e ricevere chiamate dall’estero a costi accettabili. Messagenet è stato il primo tool che ho utilizzato a questo scopo ed è quello che continuo a preferire.

Utilizzavo già calendari online condivisi e servizi di cloud storage.

Sapevo di avere buone competenze che avrei potuto sfruttare mettendo la mia professionalità a disposizione dei miei clienti lavorando da remoto.

Ma l’idea di uscire dalla mia comfort zone per avventurarmi in qualcosa di completamente nuovo mi terrorizzava.

Allo stesso tempo, l’idea di poter lavorare da qualunque parte del mondo mi affascinava, sapevo che mi avrebbe consentito di viaggiare e allo stesso tempo di stare con la mia famiglia.

Così, in accordo col mio datore di lavoro, utilizzai le ferie e permessi non goduti per sperimentare la mia idea.

A Glyfada, un quartiere di Atene situato sulla costa bagnata dal Mar Egeo, iniziai a lavorare da remoto.

I tool e le soluzioni trovate per garantire il raggiungimento degli obiettivi funzionavano, nonostante la distanza.

Intanto, le ferie e i permessi era finiti e il mio lavoro richiedeva alcune volte anche la presenza in ufficio: durante gli eventi, in occasione degli audit, ecc.

Così, non esitai a rassegnare le dimissioni quando si presentò l’occasione di trasferirci a Praga.

Fu in questa meravigliosa città che iniziò a prendere forma la mia nuova vita professionale.

Tra una passeggiata sul Charles bridge e un Trdlo in Wenceslas Square , iniziai a pensare ai servizi che potevo offrire. Iniziai a realizzare il mio sito e a scrivere i primi articoli del blog. Poi fu il turno dei social.

I primi contatti arrivarono proprio in un freddo inverno praghese.

Ricordo ancora la prima richiesta di preventivo, la prima telefonata di un potenziale cliente. Inutile dire che l’entusiasmo era alle stelle: finalmente le notti passate a realizzare il sito assumevano un senso.

Conclusa l’esperienza praghese tornai a casa con tanta voglia di scoprire quale sarebbe stata la nuova destinazione, certa che avrei potuto lavorare da qualsiasi parte del mondo.

Si presentò l’occasione di trasferirci a Tehran. Una città ricca di storia dove vivono 12 milioni di persone di una gentilezza disarmante, due valute correnti (rial e toman), un traffico incredibile e una nuova cultura tutta da scoprire con l’hijab sul capo.

Ero entusiasta!

La doccia fredda però non tardò ad arrivare.

In Iran molti siti sono oggetto di censura ed è impossibile accedervi senza una VPN. Si tratta, in larga maggioranza dei siti web più visitati al mondo. Certamente una VPN risolve molti problemi, ma in Iran le leggi relative all’uso di una VPN stabiliscono che è possibile utilizzarne una ma solo se proviene da fornitori autorizzati dal governo (clicca [QUI] per una panoramica sulla legalità/illegalità delle VPN nel mondo).

Inoltre, in Iran la repressione delle proteste passa anche dal blocco totale di Internet. Non è infrequente, in questi casi, ritrovarsi completamente isolati dal resto del mondo.

La mia esperienza in Iran quindi durò poco più di un mese. 

Lavorare da qualsiasi parte del mondo oggi è quasi possibile. Un giorno forse lo sarà per tutti gli imprenditori e professionisti digitali. 

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