“Lavorare da casa non è la stessa cosa!”
Quante volte abbiamo sentito questa affermazione durante il lockdown?
Per molte persone, lavorare da casa può essere fonte di stress. Vediamo quindi quali sono le difficoltà che si possono incontrare nello smart working, ma anche nel remote working e come affrontarle.
Strumenti e attrezzatura.
Come primo passo è ovviamente necessario dotarsi dell’attrezzatura adeguata: PC (o notebook), router, smartphone, hard disk esterno, auricolari (o cuffie) e dell’attrezzatura specifica in relazione all’attività svolta.
E, poiché questi dispositivi sono soggetti a danneggiamenti, possono essere infettati da virus informatici e sono esposte all’attacco di hacker, sarà fondamentale dotarsi di idonei strumenti per la copia dei dati, aggiornare l’antivirus, valutare se installare una VPN ed eseguire il backup dei dati almeno una volta al giorno.
Software & tool.
In molti casi le aziende sono dotate di software gestionali accessibili da remoto.
Spesso, però, si presenta la necessità di ricorrere ad ulteriori tool al fine di poter svolgere il proprio lavoro da casa. Ecco un elenco di strumenti per lavorare online di cui mi avvalgo quotidiamente nella mia professione di virtual assistant.
Da valutare seriamente anche la scelta dei dispositivi e dei tool che verranno utilizzati per le comunicazioni con i collaboratori. Nelle prossime righe vedremo perchè è così importante dotarsi di strumenti di comunicazione adeguati.
Postazione.
La postazione, spesso sottovalutata, influirà significativamente sulla produttività e sul vostro benessere psico-fisico.
Una sedia ergonomica e il monitor posizionato all’altezza degli occhi sono un buon inizio per proteggere la nostra salute, in particolare l’apparato muscolo-scheletrico.
Da non sottovalutare la luce: si dovranno evitare riflessi sullo schermo o sulla scrivania e luci dirette negli occhi dell’operatore. La luce non deve essere eccessiva e l’ambiente non deve essere troppo buio perchè è importante riuscire a leggere senza affaticare e sforzare la vista. È quindi consigliabile avere una buona illuminazione globale dell’ambiente, che si ottiene ad esempio grazie a una luce proveniente dall’alto della stanza.
Ma in quale zona dell’abitazione collocare la postazione di lavoro?
Lo so che la tentazione di lavorare stando seduti sul divano, magari con le gambe appoggiate sul pouf, è forte.
Ma il salotto non è certamente la collocazione ideale per lavorare da casa.
Destinare una zona della casa alla postazione di lavoro, significa individuare e delimitare uno spazio dedicato all’attività professionale.
Spostarsi all’interno delle mura domestiche per accedere alla postazione di lavoro darà la senzazione di ‘entrare’ nella working area, un po’ come quando si varca la soglia dell’ufficio e le questioni personali, per quanto possibile, restano fuori.
Organizzazione.
Lavorare da casa significa avere una maggior libertà di organizzazione, non solo nella vita professionale ma anche di quella familiare e personale.
Ricordo che quando ho iniziato la mia attività di assistente virtuale, avevo immaginato una situazione molto diversa da quella che poi ho invece vissuto. Ed è l’immagine che hanno più o meno tutti quando si pensa allo smart working, o all’attività di virtual assistant.
Per il solo fatto di lavorare da casa, pensavo di poter fare tantissime cose durante la giornata e di poter gestire al meglio il mio tempo per assolvere brillantemente tutti gli impegni professionali, familiari e domestici.
Aspettativa presto disattesa.
In breve tempo mi ritrovai a lavorare anche durante le ore serali, con le incombenze domestiche rimandate e a rinunciare spesso a quei momenti che prima dedicavo a me stessa.
Sapere di avere tempo a disposizione può indurci a procastinare alcune attività, a svolgere con priorità le mansioni più gradite, a rimandare i lavori che pensiamo di poter svolgere più tardi (“Ma sì, tanto ci impiego due minuti“).
Risultato?
Post-it appiccicati al frigorifero, PC acceso fino alle 20:00 e la sensazione di aver trascorso un’altra giornata scarsamente produttiva.
Ecco che diventa fondamentale darsi un’organizzazione precisa.
Iniziamo creando una to do list, che potrà essere giornaliera o settimanale a seconda del tipo di attività svolta e che dovrà tener conto degli impegni personali e familiari.
Rispettare la to do list sarà l’obiettivo principale dello smart worker. Esistono numerose app per pianificare gli impegni (any.do) o per tracciare il tempo dedicato ad una determinata attività (Toggl).
Una volta stabilita la scaletta degli impegni, assegnamo le priorità e calcolato il tempo per ogni, stabiliamo gli orari di lavoro, calcolando anche il tempo delle pause. Se avete fissato che alle 8:30 inizierà la vostra giornata, alle 8:25 sarete davanti al PC. Fermatevi per ogni pausa programmata e non lasciatevi tentare dalla possibilità di modificare gli orari stabiliti in corso d’opera.
Comunicazione.
La comunicazione con i colleghi e/o con il proprio responsabile cambia notevolmente quando si lavora da casa.
Se in ufficio siete abituati a comunicare al momento del bisogno (“Mi viene in mente questa cosa e te la chiedo“), lavorando da casa non sarà sempre possibile.
Il vostro orario di lavoro potrebbe non coincidere con quello del vostro collega, nel momento in cui vi sorge un dubbio il vostro capo potrebbe essere impegnato e voi non avete modo di saperlo.
L’ideale sarebbe organizzare riunioni periodiche, report giornalieri, feed back quotidiani e utilizzare software di project managment.
Che si adottino queste abitudini o meno, vi sarà comunque d’aiuto preparare un breve riepilogo di quanto volete comunicare, magari annotandolo su un documento che terrete a portata di mano nel momento della comunicazione.
Questo vi aiuterà a comunicare tutto quanto desiderate far sapere al vostro interlocutore senza perdere il filo del discorso se venite interrotti. Servirà anche ad evitare che, una volta riaggianciato il telefono, vi vengano in mente le cose che vi siete scordati di dire quando eravate in linea.
Insomma, farà risparmiare del tempo prezioso a voi e al vostro interlocutore.
Quanto alle modalità di comunicazione, penso ci sia solo l’imbarazzo della scelta.
Che comunichiate via email, via chat, telefonicamente, attraverso una videocall, qualunque sia il mezzo utilizzato, assicuratevi che sia perfettamente funzionante.
Sembra scontato ma non è sempre così. Capita spesso sentirsi dire “Oggi la connessione è instabile“, “Mi è sfuggita la notifica“, “La mail è finita nello spam“, “Non ho sentito la suoneria“.
Ricordiamoci che chi sente queste frasi è una persona che ci ha dedicato il suo tempo. Non fatevi cogliere impreparati, prevedete tutti le possibili difficoltà che potreste riscontare e cercate di prevenirle.
Overwork.
Molte persone che lavorano in smart working affermano di lavorare molto di più, più ore e con più stress.
Certamente l’organizzazione è fondamentale per non ritrovarsi davanti al PC mentre in televisione trasmettono il TG della sera.
Ma c’è dell’altro.
Soprattutto all’inizio può risultare difficile ‘staccare la spina’.
Ricordo che quando uscivo dall’ufficio, mentre percorrevo la strada per rientrare a casa, mi capitava di ricordarmi di non aver fatto una certa cosa, oppure di pensare che se avessi avuto qualche minuto in più avrei fatto anche quell’altra telefonata, che mi sarebbe piaciuto concludere quel determinato lavoro. Allo stesso tempo, però, sapendo che non avrei potuto risolvere il problema fino al giorno successivo, i miei pensieri presto si rivolgevano altrove.
Lavorando da remoto può essere forte la tentazione di dare un’occhiata alla posta elettronica per leggere una risposta attesa tutto il giorno, leggere il messaggio Whatsapp di un collega, mettersi davanti al PC mentre la pizza cuoce nel forno.
Alcune volte si collabora con persone che si sentono autorizzate ad inviarci messaggi quando il resto della popolazione italiana è ormai nel mondo dei sogni.
In tutto questo si può inserire anche il desiderio di non deludere le aspettative altrui, di voler dimostrare efficienza nel lavorare da casa.
Overwork però non vuol dire efficienza. A lungo andare la situazione potrebbe diventare insostenibile e, a meno che vi piaccia la pizza bruciata, sarà indispensabile darsi un metodo.
Ecco perchè ho insistito tanto sul rispetto dell’agenda degli impegni e sulla necessità di dotarsi di strumenti adeguati.
Comunicate ai vostri collaboratori i vostri orari di lavoro, anche se non vi è stato espressamente richiesto; spegnete il PC (le mail arrivano a qualsiasi ora) e disattivate tutte le notifiche che possano distogliervi dall’obiettivo di rispettare gli orari che vi siete dati. Non dimenticate la pausa caffè.
Solitudine.
Per alcune persone lavorare da casa può essere fonte di stress.
Alcuni lavoratori, dopo le prime esperienze, scoprono di sentire fortemente il bisogno di prendersi quotidianamente un caffè con un collega, di parlare con qualcuno che non sia il proprio PC.
Qualcuno ha risolto il problema sfruttando il coworking per alcune ore al giorno. Altri, organizzano con i colleghi una sorta di coffee time virtuale: al termine della quotidiana riunione su Zoom, si dedicano alcuni minuti per chiacchierare sul tempo, fare gossip, ovviamente con una tazzina di caffè in mano.
Motivazione e condivisione.
I lavoratori responsabili sono tanti, probabilmente la maggioranza.
Io stessa penso di essere stata una dipendente capace di gestirsi autonomamente, di portare a termine gli incarichi che mi venivano affidati senza il bisogno di sentire pressioni dall’alto. Puntualità e precisione erano priorità.
Ma, effettivamente, “Lavorare da casa non è la stessa cosa!”.
Soprattutto se lavori in smart working (diverso è il caso del remote working), nessuno controlla se arrivi in orario, quante volte ti assenti, se prima di leggere la posta elettronica sei stato un’ora sui social.
Per raggiungere i risultati attesi, non sarà sufficiente un “Fammi questa cosa entro domani alle 17:00, per il resto organizzati come vuoi“.
Occorre dare responsabilità e fiducia ai lavoratori nel determinare come, dove, quando e con quali mezzi svolgere il proprio lavoro.
Se vogliamo che lo smart working si traduca in un aumento della produttività, servono un uso consapevole della tecnologia digitale, fiducia, comunicazione, condivisione, condivisione e condivisione.
Sono necessari nuovi modelli organizzativi e una nuova mentalità che, inevitabilmente, coinvolgeranno l’azienda quanto il lavoratore.